La ricotta
C'era una volta una citta chiamata Metilde, che 'un aveva da mangiare; dice così: - E' meglio ch'i' vada da quel contadino per vedere se mi dà una ricottina; quando me l'ha data, io vado alla città e la vendo.
Va de questo contadino, e lui gli dà una ricottina. Quando ha preso la ricottina, fa una corollina di felce e se la mette in capo. Quando l'è per la strada, pensa: Ora vado alla città, vendo la ricotta e piglio du' crazie. Con queste crazie comprerò du' ova; queste ova le metterò sotto una chioccia, e nascerà du' pulcini; poi di questi pulcini farò du' bei polli, du' polli grossi grossi. Quando li avrò fatti grossi, li venderò, e comprerò un'agnellina. Dopo l'agnellina mi figlierà, e mi farà du' agnellini; li farò belli grossi grossi; comprerò una vitellina; questa vitellina, quando sarà fatta grossa, la venderò e comprerò du' vitelli. Quando questi du' vitelli saranno fatti grossi, li venderò, e mi farò una bella casina; in questa casina
si farà un bel terrazzino, mi ci metterò a sedere, e la gente che passeranno mi díranno: " Signora Metilde ... ;' " e la ricotta schizzò in mezzo di strada.
Addio Gesù,
La ricotta non c'è più!
Pratovecchio.
Varianti e Riscontri
Questa novellina, che ha molto del fanciullesco, ha dei riscontri anche in Italia; e richiama a quella del Gobbo nelle Mille e una notte. Cfr. con la novella del Furasteri e lu tratturi, variante della VIII delle Fiabe siciliane. Nella S. Margherita di Cortona, azione sagra per teatro, di Aci DREPANEO pastore ericino (In Palermo, MDCCLXXXVI per le stampe del Ferrer), atto I, se. ult., lo sciocco siciliano Nardu Nnappa fa a Ciammittuzza (Fiammettuccía) i medesimi calcoli della nostra ragazzina.
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