Il prete pregno



C'era una volta un prete di campagna che soffriva di dolori di corpo. Il medico era distante: bisognava andare alla città; e per prendere un parere dal medico, mandò il su' contadino: " Digli che mi dole sempre il corpo, e che ti dica il su' parere ".
Il contadino andò, e il medico gli rispose: " Bisognerebbe che vedessi la su' orina ". - " Sta bene, glielo dirò ". Ritorna dal prete: " 'Gli ha detto il medico che bisogna che veda l'orina ". - " Bene, io la metterò in una bottiglia, e tu la porterai ". E così fece.
Era distante questa città, e si fece una gran burrasca per la strada a questo contadino, e dovette fermarsi; si fermò a un'osteria. La burrasca non cessava, e dovette pernottare in quell'ostería. Posò la bottiglia su un tavolino, e disse all'ostessa: " Ve la raccomando; badate che 'un mi si rompa, perchè c'è l'orina d'il mi' prete, chè vado a consultare il medico ". - " Non dubitate, galantomo, andate, andate a letto tranquillo ".
A il marito però 'un ne disse niente l'ostessa: il marito nell'armeggiare per casa, inciampò nella bottiglia, e la rovesciò.
L'ostessa che vede questa cosa: " Che s'ha a fare? che s'ha a fare? Quel pover'omo me l'ha tanto raccomandata, chè l'era l'orina del su' padrone che è malato, e lo mandava a consultare a il medico! ... " - " Ebbene, falla te, 'un ti confondere ", dice il marito. La moglie piglia la bottiglia, e ci mette la su' orina. Questa donna era incinta.
La mattina s'alza il contadino, e domanda la bottiglia. " Eccola lì ". - " Grazie, grazie "; e va via. E va dal medico; gli presenta la bottiglia. Il medico comincia ad osservarla e scote la testa, perchè 'un si sapeva nemmeno cosa dire. " Ma è proprio l'orina del vostro prete questa? ". - " Ma sissignore ". - " Che volete che vi dica! questa è l'orina di una persona gravida; se è di lui, vòl dire che l'è gravido ".
Il contadino va a casa tutto spaventato: " Oh padrone mio, mi vergogno a dirglielo " - " Ma cos'ha detto? " " 'Gli ha detto che lei l'è gravido ". - " Gravido io! " Cominciò a disperarsi questo povero prete: " Che scandalo sarà alla mia curia a sapermi gravido! Cosa debbo fare?
". - " Oh fate qualinsegnatemi la medicina per abortire

che cosa, 'un saprei che vi dire! " Il prete fece qualche cosa, ma non abortì. Allora: " Comincerò a fare delle cascate "; e si buttò giù dal letto; si fece male, si fece de' lividi, ma non abortì. Disperato, povero prete, pensa: 'Un c'è altro rimedio, che ruzzoli per la scala; - e così si butta giù da una scala; si fracassò, e stiede un pezzetto malato; ma il figliolo 'un venne.
Finalmente, era parecchio avanti ne' mesí,' pensò di salire su un albero. Salì in alto più che potette, e poi si gettò di sotto. Sotto c'era una lepre che aveva covato, e aveva fatto i leprottini; nel cascare cadde addosso a questo nido, e vidde fuggire un leprottino. Disse: - Dio, ti ringrazio!

ti salvi l'anima, gli orecchi te li ho fatti. -

Firenze.2

Varianti e Riscontri


Si racconta di molti luoghi, e in Palermo si dice come accaduto in Monreale, onde il proverbio: Tutti cosi ponnu succedirí, fora d'ominí preni; eppuru cci fu tu prenu di Murrialí. t comunissima in mezza Sicilia la frase: Lu prenu di Murriali, il quale in Monreale stesso, nel famoso tempio di Guglielmo Il, si pretende ritratto in uno de' mosaici che rappresenta il miracolo di Gesù Cristo all'idropico (Evang. di San _fuca, XIV). Vedi le mie Fiabe, n. CCLXIII, ove sono due versioni, una popolare e una letteraria, della tradizione, la quale però è differente dalla nostra. Hanno con lievi varianti, raccontata questa stessa storiella BoCCACCio nel Decamerone, VIII, 3; LASCA nelle Cene, I, 1; COSTO nel Fuggilozio, giorn. II; STIGLIANI nel Mondo nuovo, avventura di Roldano, VI; e di Clodío, XXIII. L'Imbriani nella lunga lettera a me (vol. IV delle citate Fiabe sic., pag. 414) cita un riassunto del nostro Prete pregno, al quale giova ravvicinare la novella Del medico cbe curava uno

Era molto innanzi con la gravidanza.
Da una vecchina chiamata Nunziatina di Firenze, a su' tempi
modista.
Scrolla fico 277

amatato e cavali sangue n. XXXVIII del Libro delle novelle anticbe tratte da diversi autori del buon secolo della lingua (Bologna, Romagnoli, 1868); presa dalle Favole di Esopo secondo il codice palatino (Lucca, 1864). La medesima nostra novella corre anche in Sicilia col titolo: Lu scravagghiu.


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